Manufacturer de facto o no? Il punto di Carlotta Mattioli
Con l’entrata in vigore della nuova direttiva IDD il mondo assicurativo ha dovuto integrare un nuovo glossario che definisce chiaramente i ruoli di ciascun attore nel mondo della distribuzione assicurativa.
Distributori assicurativi non sono più le sole compagnie assicurative, i broker, gli agenti, le banche, la posta, i collaboratori esterni di agenti e broker, ossia quelli che prima definivamo “intermediari”, ma nella categoria dei distributori rientrano ora anche coloro che, a titolo accessorio, esercitano l’attività di distribuzione assicurativa e coloro che forniscono consulenza proponendo contratti di assicurazione o compiono atti preparatori alla conclusione di tali contratti. A tutto questo mondo “distributivo” si applicano regole di formazione iniziale e aggiornamento ben precise volte ad assicurare la trasparenza dell’informazione all’assicurato.
Oltre che di Distributori nella IDD inoltre si parla anche di manufacturer. Manufacturer per definizione è sempre l’Impresa di Assicurazioni in qualità di “fabbrica prodotto” e, come tale, essa deve ora attuare una serie di presidi, procedure e controlli sul prodotto assicurativo che viene collocato, sulle sue modalità di vendita e di post-vendita e sull’informazione, corretta e trasparente, da rendere al cliente, il cosiddetto POG (Product Oversight Governance).
La direttiva prevede però che anche il distributore possa essere anche manufacturer de facto (intermediario produttore). Ciò accade laddove il distributore decide autonomamente sulle caratteristiche essenziali e sugli elementi principali di un prodotto assicurativo (coperture, costi, rischi, mercato di riferimento, diritti di risarcimento). Quando questi elementi non vengono sostanzialmente modificati dall’impresa che porta il rischio, a questo punto il distributore è anche manufacturer de facto e, come tale, è tenuto ad applicare gli stessi presidi in materia di governo e controllo dei prodotti in capo alle imprese (POG).
Tutto ciò significa adottare un sistema di gestione e controllo di un processo di approvazione per ciascun prodotto assicurativo o per ogni modifica significativa di un prodotto assicurativo esistente, prima che questio sia distribuito ai clienti e caonvalidarlo nel corso della sua commercializzazione al fine di valutare la sua “efficacia” sul mercato di rifermento. Tale processo è sicuramente impegnativo e oneroso, in particolare per alcuni piccoli distributori che popolano il mercato assicurativo italiano.
Si è ugualmente stabilito che l’attività di design di contratti “tailor made” su richiesta di un cliente specifico al fine di soddisfare le sue esigenze assicurative oppure la possibilità di proporre ad un cliente o a un cluster di clienti degli sconti di premio non sono sufficienti a definire unmanufacturer de facto.
Di fronte a queste indicazioni in Italia si constata che in fondo i manufacturer de facto sono pochissimi. A quanto pare, i distributori hanno preferito, nella maggior parte dei casi, lasciare onori e oneri del manufacturer in capo alle imprese. Scelta, questa, in assoluta contro tendenza con gli altri Paesi europei, dove si è preferito non relegarsi alla mera figura del distributore assicurativo, anello di congiunzione fra l’offerta dell’impresa e il cliente, ma sfruttare questa opportunità per confermare il proprio know-how nel settore e distribuire prodotti nei quali il contributo del manufacturer de facto fosse un valore aggiunto del prodotto, oltre che distintivo dell’intermediario stesso e della sua specializzazione.
Il motivo per il quale l’Italia si è staccata in maniera così netta rispetto al resto d’Europa in questa scelta è, per chi ora sta scrivedo, sinceramente sconosciuto ma, forse proprio appigliandosi al fatto che è praticamente impossibile che l’impresa non effettui nessuna modifica sostanziale al prodotto assicurativo proposto dal broker, si è pensato di “alleggerirsi” di una serie di oneri di non trascurabile impatto organizzativo ed economico, soprattutto in un mercato nel quale le realtà distributive sono in larga misura medio-piccole.
Ma siamo proprio sicuri che questa sia stata una scelta giusta e che non si sia persa un’occasione per dare un valore aggiunto all’attività dell’intermediario che, fra gli altri, lamenta rischi di disintermediazione? Forse sì, soprattutto guardando agli altri mercati, dove il prodotto assicurativo “fabbricato” dal broker e il suo label sono forti talvolta quanto quelli di una compagnia assicurativa, ma il mercato italiano è un po’ strano e, schiacciato fra normativa, poteri di compagnie, reti agenziali importanti, fatica a leggere che fra gli obblighi normativi ci possono essere opportunità di innovazioni